Prosegue la nuova rubrica del notiziario che dedica spazio ai nostri Soci curata da Alessandro Ceschin. Questa volta abbiamo il piacere di conoscere meglio un Socio davvero particolare: Antonio Feltracco. Sono ormai 70 anni che il lavoro del carrozziere è stato trasformato in arte, passione, genialità dal nostro amico Toni. Abbiamo così voluto ringraziarlo ed omaggiarlo con questa piccola intervista con l’augurio che tutta la sua famiglia possa continuare a coltivare questa passione per le auto storiche e il nipote Mattia, sempre più presente ai nostri raduni, possa proseguire la strada tracciata dal nonno e, perché no, evolverla mantenendo sempre quell’aria di felicità e gioia che ha contraddistinto la sua carrozzeria di Sernaglia. Ringraziamo Toni per l’intervista che ci ha concesso con l’orgoglio di avere un Socio con una passione così pura.
- Quando tutto ebbe inizio? Raccontaci in breve l’esperienza lavorativa.
E’ iniziato tutto nel 1947, all’età di 10 anni dove ho preso in mano per la prima volta un martello. Smontavo i Dodge: parafanghi, sponde, ruote.. nessuno sa i pericoli che ho rischiato all’epoca. Nel 1953 invece ho preso il libretto del lavoro e da lì tutto ebbe inizio. Dopo una decina di anni a lavorare tra vari carrozzieri della zona dove ho imparato varie tecniche e trucchi, avevo deciso di mettermi per conto mio con alcuni dipendenti. Si guadagnava bene ma ogni fine mese tra le varie spese rimaneva poco o nulla. Ecco che nel ’70 ho deciso di dire basta e sono rimasto io e la moglie, meno soldi ma la felicità e dei guadagni netti maggiori erano molto più importanti. Ho provato anche a fare il commerciante: compravo auto usate o auto incidentate e le rivendevo ma niente da fare. Ecco che, gestendomi da solo, si è aperta la parentesi con gli Americani.
- Com’è nato l’amore per la carrozzeria? Per passione oppure per necessità di un impiego?
E’ iniziato per lavoro principalmente, ma anche per passione. Ti dico tutte e due e ora spiego il motivo. Nel ’47 era appena finita la guerra quindi c’era necessità di rimboccarsi le maniche per aiutare la famiglia. Ecco il perché del “necessario”. Però sin dall’inizio in famiglia c’era la passione: mio papà aveva le carrozze e i cavalli, mio fratello faceva il meccanico, i miei zii noleggiavano auto quindi il discorso dei motori era proprio intrinseco dentro noi.
- Raccontaci dell’Officina a Sernaglia e della prima auto creata.
Il giardino ormai non esisteva, il confine era delimitato dalle auto che portavo a casa. Una sopra l’altra le mettevo, tanto prima o dopo le avrei prese per mano. Tutto sarebbe servito prima o dopo. La prima auto è stata una topolino per il prete del paese, Don Balasso. Inizialmente avevo cambiato il lunotto di una topolino facendolo più grande e poi avevo attaccato degli adesivi di ragazze, creato una presa sopra il cofano, tagliato i paraurti e sostituiti. Il prete, affascinato da questa topolino che avevo fatto, mi ha commissionato la sua dovendo rifare le fasce e le frecce. La prima auto creata invece è stata una barchetta completamente in ferro. Sono partito da due cofani di una 127 perché non c’erano i soldi per comprare un foglio di lamiera a quel tempo. Si iniziava da un cofano, e via di martello per appiattirlo per poi cominciare a modellarlo. Perché barchette mi chiederai. Beh, a quel tempo alle gare ero affascinato da quel tipo di auto e mi piacevano davvero tanto però purtroppo non me le potevo permettere. Ecco che tornavo a casa, prendevo una 1100 e facevo gli stampi e disegni su un foglio e poi partivo alla realizzazione di una Ferrari 250.
- Ma di queste auto, quante ne hai vendute che hai creato te?
Solo una per disperazione: una topolino barchetta. Una domenica mattina arrivarono dei signori con il carrello. Erano in 5, due italiani e tre stranieri pronti a portarla via. Sono rimasto subito stupito perché la volevano portare via all’istante. Sono stati qua mezza giornata, non mi hanno lasciato in pace finché non hanno caricato la macchina da portar via. Pensa che sono rimasti fermi immobili tutta la mattina attorno alla vettura e all’ora di pranzo la moglie li ha invitati a mangiare qualcosa e loro hanno gentilmente rifiutato perché sennò perdevano il filo di discorso con me. Per la fame si sono mangiati le pere ancora crude dall’albero, ma la macchina era più importante. Alla fine, verso le 14 non ce l’ho più fatta e, dopo avermela pagata sull’unghia, l’ho lasciata andare. L’unica auto che ho creato che se n’è andata.
- Raccontaci degli Americani che accennavi inizialmente. Come sono arrivati a te?
Ormai nell’officina non mi è rimasto più molto, tuttavia ho ancora alcune sagome delle auto che ho costruito all’epoca. Mi avevano richiesto di modificare un Ferrari 250 Pininfarina in una Ferrari 250 Testarossa. Tuttavia le auto per i bambini, soprattutto queste mi chiedevano. E pensare che mi hanno chiamato anche recentemente per sapere se le facevo ancora. Tutto iniziò quando un soldato di Aviano, che aveva una Ferrari grigio metallizzato comprata per la moglie, non la voleva più vedere di quel colore quindi ho dovuto rifargliela rossa. Lì è stato l’inizio. Continuò quando un signore da Roma che aveva un’Aurelia Spider mi chiamò per alcuni lavori. Da questi ultimi è iniziato un po’ tutto in quanto molti italiani che mi conoscevano e sapevano come lavoravo andavano spesso in America e da lì hanno sparso la voce della mia passione e professione tanto da iniziare a ricevere le prime commissioni. La prima è stata proprio una macchinina per dei bambini, una piccola Ferrari. Dopo circa 20 giorni, in piena notte, ho ricevuto una telefonata di ringraziamento per il lavoro fatto. Era arrivata ed erano felicissimi.
- Chiudiamo con una curiosità sulla persona più importante per te. Quando vi siete conosciuti te e Maria?
Lei abitava a Cison, in cima però. Mi sentiva arrivare quando ero ancora al ponte da basso. A 20 anni andavo a prenderla con la Giulietta Sprint. Io non mi accorgevo della velocità tant’è che un giorno mi hanno fermato anche i carabinieri, facevo fischiare le gomme. Ne sono successe di tutti i colori in quegli anni per le strade, ma è sempre andato tutto bene per fortuna e ora siamo qua a raccontarle sorridendo!